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La primavera… arriva sempre!
Translator Translator Vi ospiteremo in un luogo senza tempo, un tessuto rurale ancora vitale dove conoscere la storia, la natura e le tradizioni di una regione, l’Umbria, che è il Cuore d’Italia, nella sua espressione più vera e affascinante e incontaminata. L’ Agriturismo Borgo Spante è il centro di un labirinto secolare dove si intrecciano storie, percorsi, racconti di vita. Nella memoria del posto (e di Claudia) testimonianze di un mondo scomparso con personaggi illustri, semplici viandanti, braccianti, allevatori boscaioli, e briganti che sono passati e hanno lasciato tracce di sé al crocevia di antichi Cammini che uniscono Umbria, Toscana e Lazio, attraversano Orvieto, Perugia, Città della Pieve, Todi, passando per gli splendidi borghi di Montegiove e Montegabbione fino a Collelungo e Monte Castello di Vibio. L’antica Villa padronale, la Cappella della Madre della Pace, gli alloggi degli artigiani, le scuderie e la piccola scuola del borgo, abbracciati da boschi secolari di querce e pinete, sono stati trasformati nell’agriturismo sin dai primi anni ‘80 affinché l’atmosfera di un’azienda agricola secolare potesse essere vissuta dagli amici, dagli ospiti, da chi ne volesse condividere i valori e tentare di svelarne i segreti. La padrona di casa, Claudia, racconta le storie e accompagna alla scoperta dell’Umbria più autentica e nascosta per chi vuole conoscere il passato del Borgo e del Territorio, i sapori di una cucina antica, la natura animata e selvaggia delle foreste. I vostri cani vi guideranno usando il loro fiuto, code al vento, nelle trame di queste piccole meraviglie che gli occhi umani non sanno più riconoscere Nei giorni di primavera non c’è niente di più magico che ricercare le infinite varietà di orchidee selvatiche di cui è ricca la zona. Ce ne sono più di 40 specie: la presenza di orchidee è il primo segno per ecologi e naturalisti della purezza della terra e delle acque di questa grande area diventata patrimonio dell’ Umanità dall’ Unesco proprio per la biodiversità! In seguito, fedeli ai cicli della natura, anche i bordi dei fossi e delle strade esplodono in fioriture di diversi colori e...
read moreRelax in Umbria con i nostri cani: una fuga pasquale nella natura selvaggia del Monte Peglia
Translator Se siete alla ricerca di un modo unico per trascorrere le vostre vacanze di Pasqua, perché non prendere in considerazione una vacanza rilassante nella natura selvaggia dell’Umbria con i vostri amici pelosi? Nel nostro antico borgo immerso nel cuore del Monte Peglia, potete vivere la bellezza delle colline umbre mentre vi godete la compagnia dei vostri cani liberi. La nostra fattoria offre svariati modi per rilassarvi e connettervi con la natura. Fate una passeggiata sui sentieri forestali e respirate l’aria fresca mentre ammirate le viste mozzafiato sulle colline circostanti. Lasciate che i tuoi cani corrano liberi ed esplorino i boschi, ubriacandosi dei profumi della natura. Se siete in vena di avventura, potrete anche intraprendere un’escursione guidata alla scoperta delle gemme nascoste della zona. Claudia vi consiglierà piccoli borghi e boschi lussureggianti dove potrete rilassarvi e godervi anche un picnic con i tuoi compagni pelosi. Nel nostro antico borgo, potrete anche immergervi nella cultura locale, nelle storie di famiglia e gustare la deliziosa cucina umbra. La nostra azienda agricola produce verdure del nostro orto, la carne chianina e l’olio d’oliva, che potrete condividere nel nostro accogliente ristorante con vista sulle colline, riservato ai soli ospiti dell’agriturismo. Naturalmente i vostri cani sono invitati a unirsi a voi sulla nostra terrazza all’aperto o all’interno della sala del grande camino. Quindi, se siete alla ricerca di una vacanza pasquale unica e indimenticabile, venite a rilassarvi in Umbria con i vostri cani. Scoprite la bellezza della natura selvaggia del Monte Peglia e lasciate che i vostri compagni pelosi vaghino liberi nei nostri 300 ettari di boschi e pascoli. Vi garantiamo che vi sentirete riposati, ringiovaniti e connessi al mondo che vi circonda. per info: https://www.vacanzeanimali.it/bkd-0-agriturismo_borgo_spante-5245.html...
read moreIl campanile e gli incendi…
Il suono delle campane non serviva solo a chiamare la gente per motivi religiosi, ma aveva una funzione laica altrettanto importante: era un allarme per i disastri e le emergenze di ogni genere. A noi ragazzi di Spante è stato da sempre proibito di suonare le campane per gioco perché tutti accorrevano, sospendendo i loro lavori nei dintorni, per portare aiuto… Da allora lo scampanio inaspettato veniva sempre preso sul serio e allertava tutti! Vorrei ora che tutte le campane in Italia suonassero “A MORTO” per lo sterminio delle foreste, del Popolo in Piedi e delle Creature, grandi e piccole, che abitavano nei boschi distrutti… Prendersi cura di un territorio è un impegno che non dà tregua, ma se nessuno lo fa più… Non possiamo poi gridare di dolore o di vergogna quando non c’è più niente da salvare. Ognuna delle persone che hanno abitato a Borgo Spante si è fatta, nei secoli, “sentinella” contro il pericolo del fuoco nella magnifica corona di foreste che ci circondano. Quando le campane suonavano per un pericolo imminente tutti accorrevano a fare la loro parte. Ci vuole poco a contrastare un principio di incendio: coperte di lana pesante, pale con cui togliere via le foglie e terra fredda per soffocare le fiamme, o i piedi con scarponi adatti… E un po’ di coraggio per spegnere i carboni con peso e pressione. Prima non esistevano altri mezzi e l’acqua era usata solo vicino alle case. Ora con tutte le attrezzature disponibili dovrebbe essere molto più facile. Ci vuole poco a contrastare un principio di incendio… Manca però l’attenzione, mancano le persone, che abitando sul territorio, esercitano un controllo costante. Manca la cultura e la conoscenza della natura e del proprio territorio, che permette agli uomini di prendere decisioni efficaci. Più di una volta durante tutto il tempo che ho vissuto qui ho incontrato principi di incendio, la maggior parte spietatamente voluti e dolosi, (in un’occasione ho pizzicato un tipo con la latta di carburante su un viottolo del bosco), qualcun altro dovuto alla superficialità umana. Una sola volta ho incontrato un caso di “autocombustione” causata da un fulmine all’interno di una quercia secolare; per quanto mi ricordo il temporale era stato due giorni prima e la poca segatura accesa aveva impiegato un tempo infinito a trasformarsi in incendio… Ho chiamato la Forestale che è intervenuta immediatamente e ha limitato i danni solo a quella splendida pianta centenaria. L’unico alleato veramente presente ed efficace che ho incontrato in questi casi era il Corpo Forestale dello Stato: con la loro conoscenza capillare del territorio, dell’ambiente umano e dei piromani, locali oppure organizzati, erano l’unico punto di riferimento e il vero baluardo contro gli incendi. Fra incendi e siccità, sono andati in fumo 120 mila ettari di boschi e 40 milioni di vite animali. La natura ha tutto il tempo che vuole per aspettare che i boschi rinascano e che altri scoiattoli possano saltare da un albero all’altro portando in braccio i loro piccoli… Ma noi abbiamo il tempo per che Madre Natura guarisca se stessa? Abbiamo modo di farci perdonare per la nostra stupida...
read moreShakti ed Egeo…
Shakti è sempre stata la figlia di una capobranco… Nata sul Peglia nelle forre di Pornello, da Hathor e da Forte, è arrivata a Spante che aveva 4 mesi e un ciuffo ribelle, ben ritto in mezzo a dove si sarebbero appoggiate, col tempo, le corna a forma di luna crescente. Protetta dalla madre, era la più baldanzosa e sicura di sé fra le sue compagne Persefone, Ecate e Nut. Hathor era la vacca più anziana e nessuna delle compagne ne delle vitelline metteva in dubbio la sua autorità, ma proprio perché era più vecchia se n’è andata nei pascoli dell’ Ovest lasciando Shakti sola… Ho subito provato molta simpatia per questa vitella che, orfana e outsider, era passata dalla sua posizione privilegiata, di cui non aveva mai abusato, ad essere relegata ai margini del branco e a dover cavarsela da sola. Allora avevo più tempo: le vacche erano solo 7 più il torello Adone. Avevo anche molto da imparare, così passavo gran parte del mio tempo con loro e ne approfittavo per far in modo che Shakti fosse rispettata e si nutrisse in modo adeguato. Si è creata una tale affinità con lei che pareva considerarmi come una “strana madre adottiva” che ancora oggi, ogni volta che la chiamo, non importa da che distanza, lei mi risponde aiutandomi così a localizzare tutto il gruppo … Perché, anche se pochi lo sanno, il muggire di ogni gruppo è un dialetto che si intona e si adatta non solo alle voci delle vacche, ma imita anche la voce di chi le chiama! Basta che il pastore, conduttore o amico si degni di parlare il “vacchese” con loro. La storia genetica di Shakti è particolare perché sia Hator che Forte sono dei “fuori linea”: animali belli e possenti che fra di loro hanno sviluppato una linea genetica diversa e naturale. In questi ultimi 30 anni, di continua velocità e brama di successo, invece di lasciare il toro nel branco si è abusato della fecondazione artificiale, che imperversa al punto da riproporre accoppiamenti con Linee di Sangue troppo imparentate fra di loro (come è accaduto alle Case Regnanti europee durante tutto il XIX secolo, portando a debolezza e al ripresentarsi ciclico di malattie tipo l’emofilia). Ho sempre saputo di avere in Shakti un piccolo, prezioso tassello della storia della Chianina. Intanto Adone, di una linea genetica molto speciale, discende da Eugenio del Centro Tori di Perugia e da Nurso di Moglie, tori famosi, ma per questo molto usati, che aggiungono bellezza e gentilezza al suo pedigree. Shakti e Adone hanno dato vita a tanti bei vitelli Thor, Urania, Sekmet, Hathor Jr, Bellerofonte, Dedalo e tanti altri che non mi ricordo più… Nel marzo dello scorso anno è nato Egeo! Più cresceva più le sue forme si sviluppavano armonicamente. In ottobre sono venuti a trovarmi degli amici di Ferentillo e uno di loro, Domenico, si è innamorato e ha scommesso su di lui. Ora Egeo ha in Domenico un nuovo “amico speciale” ed è il Toro di un banco tutto suo sulle montagne di Ferentillo e negli infiniti boschi alle spalle delle Cascate delle...
read moreTrasferendo le vacche a Nervano…
L’ho sempre detto io che le vacche si guidano meglio con la voce! Eccomi rauca come Popeye chiamarle una ad una per portarle nel pascolo di Nervano… Tempo impiegato nonostante l’incredulità di Loriano: 35 minuti!!!...
read moreI risvegli di Minerva e Jim… on the storm!
Ogni cucciolo cresce con il soundtrack che vive nell’anima della madre. Durante un temporale, qualche mattina fa, alla radio trasmettevano Riders on the storm… Per me era sincronicità junghiana, per lei questione di ritmo!...
read moreMinerva
2006 Clodovix Noli me tangere – Don’t touch me Mangiando… Eating… L’offerta di Hera – Hera’s offer 2006 Clodoveo Più piccolo di un mug… – Smaller than a mug… Dopo il primo volo – After the first fly Tra il vero e il virtuale – different point of view E’ arrivata durante un acquazzone, all’imbrunire … E’ approdata dove ha potuto: sul ramo rinsecchito di un’ olivo appoggiato al Campanile. Ecco che dopo 10 anni la storia si ripete… Ma non ha gli occhi gialli, la selvatichezza e i movimenti fulminei di Clodoveo. Coperta di piumino bianco, sembra caduta da una nuvola e ha due occhi neri dolcissimi e intensi . Non ha più famiglia, non ha nome, ma ha tanta fame. C’è del fegato fresco in frigo e, per formare la borra, il morbido manto di Dafne può andar bene. Così ritorna istintivamente alle mani l’abilità di preparare bocconcini della giusta misura e l’infinita pazienza di imboccarla… Per ora può stare benissimo nella gabbietta di Clodoveo anche se, già da implume, è molto più grande di lui. Ha degli artigli temibili che non usa mai, e col passare dei giorni, scopro che ama farsi coccolare con un ala di storno, schiocca il becco per salutarti e fa le fusa come un gatto se la carezzi all’attaccatura delle ali. Improvvisamente, in maniera abbondante e inconsueta, anche il suo cibo piove dal Cielo per lei … Un cuculo, ingannato dal riflesso, sbatte sulla vetrata e muore sul colpo, uno storno entra in collisione con la macchina, i gatti portano topolini in dono: ossicini, piume, e pellame indispensabili per la crescita di un rapace notturno e selvaggio… Durante la prima settimana mi fa compagnia nel ufficio. E’ molto socievole con gli altri abitanti di casa, Dafne la ricerca spesso, Rascal la osserva per ore con la testa appoggiata alle zampe. I gatti, invece, sono banditi dalla zona perché Morgana, qualche anno fa, è riuscita ad aprire da sola quella gabbia e a predare una piccola ghiandaia ferita. Passa qualche giorno e lei comincia a riprendersi, mangiando fegato di vitello, cuori di pollo, e un piccione che ho preparato e congelato in porzioni per lei… tutto condito con ossicini tagliuzzati, piume, pellame di piccoli roditori e tutte quelle scorie, indispensabili per creare la borra e farla stare bene. A pensarci razionalmente mi fa un po’ schifo dilaniare, tagliuzzare, riscaldare solo con le dita questi corpicini appena morti, spingere e nascondere all’interno di ogni boccone, ossa non acuminate e piume importanti anche per l’apporto di calcio che un esemplare così grande ha bisogno per crescere bene… Dopo un po’ le mie percezioni si alterano e mi trasformo in Mamma Gufo che farebbe del suo meglio per crescere i suoi piccoli se il nido non fosse stato devastato, e l’altro pullo ucciso… Tutto diventa più naturale, cominciamo a capirci (o cosi almeno spero) Così decido che è ora di “Minervizzare” un po’ la mia cucina per renderla adatta ai suoi primi voli… Tutto viene coperto con teli lavabili, i ninnoli e cibo umano vengono chiusi nei pensili, e la gabbia viene lasciata aperta di notte. Qualcosa non funziona però, infatti la mattina dopo trovo la piccola con la testa in un angolo, sul pavimento nascosta dietro una sedia! C’è bisogno di più cibo e...
read moreS.O.S. DAGDA – Pronto Soccorso a Borgo Spante
L’altro ieri mattina arriva l’allarme da Bitu: “Vitellino gamba rotta!” Mi prendono i sudori freddi perché questo, per tutti gli erbivori di grossa taglia, vuol dire abbattimento immediato… Mentre mi precipito giù penso che per fortuna Bitu esagera sempre, ma una volta arrivata trovo che una manza di quasi due anni, altro che un vitellino, si appoggia tristemente su tre zampe e la posteriore destra ciondola come un lampadario dopo il terremoto! La faccio accostare piano piano alla tettoia e la metto al riparo. Non riesco a distinguere nelle mie emozioni se sono più inferocita o presa al panico – nella testa tutte le immagini delle vecchie stampe inglesi di mio zio dove il padrone o il soldato diceva addio al cavallo ferito, o il film War Horse di Spielberg che ho visto qualche mese fa: sempre quell’arma, fucile o pistola, puntata alla testa e il bruciore nell’ animo per la perdita di un caro amico… Comincio a cercare tutti i veterinari perché non sono in grado di decidere qualcosa da sola, ma come che ha animali in casa sa molto bene, questi si mettono nei pasticci sempre il sabato e la domenica, Natale o ogni Festa Comandata… comunque quando i veterinari sono introvabili! La vitella intanto, che ho riconosciuto essere Dagda nipote della grande Cibele, mi guarda a testa bassa sofferente ma fiduciosa, e io impazzisco di rabbia perché non so che fare. Alla fine trovo qualcuno che mi dice che senza vederla non può consigliarmi nulla( davvero!!!), che mi manderà un giovane veterinario in avanscoperta, che non mi facessi troppe illusioni però… Nel pomeriggio arriva il ragazzo… La vitella ha una brutta frattura, per fortuna però non all’arto, ma al metatarso: la parte alta del piede. Il consiglio più ragionevole è di spedirla al mattatoio, (ma io non ci penso neppure) in secondo luogo poi si potrebbe operarla coi piastre e ferri, ma i bovini sono delicati dal punto di vista osseo e tendono a raccogliere tutte le infezioni possibili all’ apparato scheletrico… Nel frattempo riesco a trovare al telefono la mia veterinaria (appena tornata dal funerale di un congiunto…) Lei non mi garantisce niente, ma potremmo provare ad ingessarla… Decidiamo di tentare col buon vecchio gesso e così ieri mattina cominciano la grandi manovre. Dagda viene sedata e portata col trattore sul prato della Villa dove si può lavorare più comodamente e nel mio ufficio viene allestita una camera oscura. Cominciamo con le lastre per vedere lo stato di fatto – la frattura è totale e veramente brutta – ma decido comunque di andare avanti… Oltre la sedazione ci vuole l’anestesia perché mettere in trazione la gamba e il piede sarà molto doloroso e non possiamo rischiare che Dagda si muova. Aspettando che l’anestesia faccia effetto siamo tutti seduti nell’angolo più ombroso del prato, uno strano pic-nic, con 2 trattori ai lati, Dagda in mezzo con l’ago in vena, io che la tengo per un cornetto e le carezzo la testa e tutti gli altri intorno ad aspettare. Per la trazione quale strumento è più adatto di un trattore, con una taglia per i movimenti più accurati… Finalmente la gamba torna in assetto e dopo un ultimo controllo radiografico la veterinaria comincia l’ingessatura: strati e strati di buona ovatta morbida per evitare escoriazioni; poi uno splendido...
read moreLe rose e altri fiori di Spante
Sono sempre stata un’ amica delle creature con il sangue rosso, caldo e freddo che sia! Preferisco i mammiferi “caudati”, ma sia gli striscianti che il popolo con le ali al posto delle braccia, mi sono ugualmente affini, li sento fratelli: possiamo muoverci tutti sul corpo di Madre Terra, condividere esperienze e imparare linguaggi… Ho invece deferenza e devozione per tutte le creature del Popolo in Piedi, dal muschio più basso alla maestosa quercia… Ammiro la loro adattabilità al passare del tempo, alla forza degli elementi e all’alternarsi delle stagioni; Ammiro la loro capacità di vivere di luce e calore e di lasciar andare le foglie ad ogni autunno; Mi colpisce le loro immobilità di contemplazione e preghiera; Ammiro e rispetto la loro longevità; Ammiro la loro pazienza, la capacità di crescere silenziosamente e di essere testimoni di tanti eventi; Mi sembrano immense e superiori nella loro possibilità di offrire nutrimento dal sole, bellezza e aria pura per ogni vivente; Ammiro e la verde linfa, il loro sangue luminoso, che si ritrae nelle parti più profonde del tronco e delle radici, per scorrere di nuovo a primavera. Nel piccolo mondo di Spante ogni primavera si festeggia la rinascita della vita e quest’anno le rose della facciata, del giardino e della piscina hanno dato il meglio di sé… Le rose del giardino e quelle della facciata così come alcune begonie dalle foglie rosse nei vasi, le buganvillee e le piante grasse sono state piantate e fatte crescere per prima da mia nonna Maria… Lei è morta 40 anni fa ma le sue piante sono ancora qui a fiorire per lei… Non sto parlando di grandi alberi dalle radici profonde, ma di arbusti da fiore, siepi, cespugli, il glicine, il limone, i gigli, gli iris, tulipani, violette e qualche antichissimo albero da frutto… Giuliana ha piantato quest’anno, nelle vasche delle rose rampicanti, delle petunie. Spante era piena, un tempo, di questi fiori dimenticati e delicati… Giuliana non lo sapeva, ma qualche messaggio dalle rose o dalla brezza deve averla raggiunta, nella sua inconsapevole voglia di bellezza. Per i grandi alberi di Spante ci sarà, in qualche altra nota, modo e tempo di celebrarli. Per oggi godetevi la fioritura di giugno e provate a sentirne il...
read moreAmiche da tre generazioni
Quando nel 2003 ho cominciato la mia avventura nell’allevamento ero spinta da un esigenza amministrativa: ufficializzare la “vocazione agricola” di Spante, (come se ce ne fosse stato bisogno! Vivevo sola in una grande casa, su un cucuzzolo difficilmente raggiungibile, e non avevo certo le risorse per farne un Relais Château…) comunque, per soddisfare i requisiti di legge, avrei dovuto tirare fuori la maggior parte del mio reddito dall’agricoltura. Coltivare e raccogliere qualcosa vivendo in un ambiente incontaminato, completamente circondata da boschi e animali selvatici, era praticamente impossibile. I primi anni avevo provato, a caro prezzo, a seminare i girasoli e l’orzo. Non ho raccolto assolutamente niente mentre, daini, cervi e cinghiali gozzovigliavano con i miei semi o con i fiori di girasole prima ancora che sbocciassero… Così ho cominciato a pensare di allevare qualcosa. All’inizio, ingenuamente, ho pensato che un pollaio fiorente, che mi consentisse l’autoproduzione delle carni per gli ospiti sarebbe bastato ma, facendo i conti con i parametri della Cee, ho scoperto che avrei dovuto allevare circa 2.000 conigli e 3.000 polli per raggiungere le 3 UBA (Unità Bestiame Adulto) che mi avrebbero consentito di avere la Licenza Agrituristica! Se a qualcuno di voi venisse in testa che potevo allevare cavalli o asini ci ripensi subito, cavalli e asini a quel tempo non erano contemplati frale specie che facessero reddito in agricoltura… Avrei potuto allevare pecore, che mi sono visceralmente antipatiche, o maiali, ma non meno di 30 capi… e già sapevo del felice ritorno del lupo nelle nostre foreste Così ho pensato l’Impossibile… Tre UBA equivalevano a 3 vacche adulte… e le monumentali, bianche regine dell’Appennino con le loro corna a forma di luna sapevano benissimo difendersi da sole. Ma l’allevamento di bovini allo stato brado era stato fonte di interminabili diatribe e discussioni in famiglia per tutta la mia infanzia e giovinezza: in casa nostra era un argomento tabù. Infatti zio Venanzo aveva, per primo, cominciato a creare nella zona un nucleo selezionato di 200 fattrici di razza romagnola allo stato brado con grandi stalle per la stabulazione libera. Il salariato addetto al controllo del bestiame aveva un cavallo con cui raggiungeva gli animali anche nei posti più impervi e a me faceva pensare ai cow boys dei film americani. Mio padre Pino, una gran testa con l’uzzolo dell’economia molto più sviluppato del mio :-), aveva da sempre litigato con Venanzo, fratello di mia madre, perché lo reputava un sognatore. Dal suo punto di vista mio padre Pino aveva ragione, l’idea di Venanzo era buona, ma bisognava avere molta più terra di quella che noi avevamo ed essere oculatissimi con le spese… A mio zio Venanzo piaceva fare le cose bene, a mio papà piaceva fare cose che rendessero economicamente. Infatti proprio Pino, già nei primi anni ottanta, aveva pensato che l’unico modo di far sopravvivere Spante sarebbe stato condividerlo con degli ospiti interessati alla vita in campagna… E allora “agriturismo” non esisteva nemmeno come termine sul vocabolario… Così fregandomene di tutti i battibecchi che avevo sentito fino ad allora, ho pensato che potessero aver ragione tutti e due… Naturalmente Papà non era d’accordo e Venanzo aveva già da tempo raggiunto il campo dell’Altra Sponda, ma tra loro oramai questa diatriba era diventata una questione di principio… Chi mi vietava di affiancare all’ azienda agrituristica...
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